VAR, arbitri e caos Juve: il calcio italiano tra tecnologia, nervi e assenza di visione

28.10.2025

C'è un filo rosso che lega questa giornata di Serie A: la confusione. In campo, negli spogliatoi, nelle dirigenze. Una confusione che attraversa gli arbitri, le panchine, le decisioni societarie. Un cortocircuito generale, che ci restituisce l'immagine di un calcio italiano ancora in bilico tra modernità e improvvisazione, tra la tecnologia che avrebbe dovuto salvarlo e la fragilità strutturale che lo continua a rallentare.



La crisi della direzione arbitrale: tecnologia senza serenità

La questione arbitrale, ancora una volta, è diventata la protagonista di un fine settimana di campionato. Non tanto per i singoli episodi - pure numerosi e discutibili - ma per ciò che rivelano: un sistema che ha perso fiducia, lucidità e serenità.
Perché, sì, il rigore per il Napoli contro l'Inter non c'era, quello per la Juventus all'Olimpico sì. Andava espulso McKennie, andava dato un penalty al Bologna. Ma ridurre tutto a un elenco di errori sarebbe semplicistico. Il problema è molto più profondo: riguarda l'utilizzo inadeguato di un mezzo straordinario come la video assistenza arbitrale.

Il VAR, nato per garantire giustizia, sta diventando terreno di ambiguità e indecisione. Siamo passati da un weekend di ingerenze eccessive a uno di totale assenza d'intervento. E l'episodio di Napoli-Inter lo ha dimostrato in modo determinante: un rigore assegnato otto secondi dopo un contatto, suggerito in cuffia all'arbitro, e mai rivisto al monitor. Un cortocircuito clamoroso tra Mariani, l'assistente Bindoni e il VAR Marini. Il tutto con un errore che nasce non dalla malafede, ma dall'incapacità di usare con coerenza e logica uno strumento che, invece, dovrebbe essere al servizio della logica stessa.

La confusione è il nuovo nemico della classe arbitrale. Gli arbitri italiani non appaiono sereni. Cercano di far giocare, poi fermano tutto; lasciano correre, poi si pentono. Non c'è unità, non c'è lucidità. E la mancanza di calma si traduce in un deficit di logica. Si preferisce obbedire a un'indicazione o a una linea del momento - "niente rigorini", "lasciate correre" -piuttosto che applicare buon senso e criterio.
È come se, dietro ogni fischio, si nascondesse il timore di essere smentiti, corretti o additati.

Serve restituire serenità, sì, ma soprattutto logica. Perché l'arbitro resta l'elemento centrale del gioco, e la tecnologia deve accompagnarlo, non sostituirlo.

Ma perché questo accada bisogna migliorare la qualità dei varisti, definire protocolli chiari, e ridare alla logica calcistica - più che alla paura di sbagliare - il potere di decidere.

Napoli-Inter: la prova di forza di Conte e il crollo dell'Inter

Proprio da Napoli arriva uno dei simboli di questa giornata. La squadra di Conte ha reagito alla tempesta europea con una vittoria di enorme peso specifico. Dopo i sei gol subiti in Champions, il Napoli aveva bisogno di una risposta immediata, e l'ha trovata in una prestazione coraggiosa, intensa, meritatamente premiata dal risultato.

Nel primo tempo, l'Inter aveva avuto le sue occasioni -quattro nitide, due pali, la parata su Lautaro - ma il rigore, per quanto inesistente, ha spostato l'inerzia del match. E da lì si è vista la differenza mentale: il Napoli ha reagito con orgoglio, l'Inter si è disunita.
Il secondo tempo è stato sorprendentemente negativo per la squadra di Chivu, disordinata tatticamente, tecnicamente e mentalmente. Dopo il nervosismo tra Conte e Lautaro, in cui sarebbe bello vedere, soprattutto da parte di un allenatore, un atteggiamento un filino più elegante, l'Inter si è completamente sciolta, subendo due gol figli di disattenzioni scolastiche, come la difesa immobile su una rimessa laterale.

Eppure, il segnale più preoccupante non è il risultato, ma la perdita di identità. L'Inter fino ad ora ha costruito la propria forza sulla continuità, sull'idea, sulla gestione dei momenti difficili. A Napoli, tutto questo si è dissolto al primo contraccolpo. Ora serve ritrovare compattezza e serenità, perché ogni dubbio interno rischia di diventare una crepa profonda.

Conte, dal canto suo, ha dimostrato ancora una volta di essere un allenatore di campo straordinario. L'intuizione di Neres come falso nueve ha spaccato la partita, togliendo punti di riferimento alla difesa nerazzurra e dando fluidità all'attacco. Conte continua a essere un personaggio divisivo, ma sul piano tecnico resta un valore assoluto.


L'esonero di Tudor: la Juve senza rotta

Ma la vera scossa del lunedì è arrivata da Torino. La Juventus ha esonerato Igor Tudor, e per la prima volta in 55 anni, la prima panchina a saltare in Serie A è quella bianconera. Un segnale che dice molto del momento della Vecchia Signora: più che un club in crisi di risultati, una società in crisi di identità.

Tudor non ha convinto, ma non è nemmeno l'unico responsabile. La Juventus lo aveva confermato per mancanza di alternative, dopo i no di Conte e Gasperini, e con un progetto tecnico mai davvero delineato. Un mercato sfilacciato, privo di coerenza, che ha riempito la rosa di seconde punte senza sistemare difesa e centrocampo. Con Koopmeiners irriconoscibile, Locatelli più volte accantonato e un Vlahovic rimasto più per obbligo che per scelta.

I numeri sono impietosi: ottava in Serie A, venticinquesima in Champions. Eppure, la decisione sorprende per la tempistica, non tanto perché arriva prima del turno infrasettimanale, ma perché arriva senza direttore sportivo.
La Juventus ha scelto di cambiare allenatore nel vuoto più assoluto, senza una guida tecnica, senza un piano, senza una visione. È l'ennesimo errore di una dirigenza che da anni rincorre sé stessa, incapace di programmare, di costruire, di dare continuità.

Ora, per una gara, la panchina passerà a Massimo Brambilla, tecnico della Next Gen: il terzo in sei anni a fare il salto in prima squadra, dopo Pirlo e Montero. Un segnale ulteriore della confusione totale che regna a Vinovo. In 128 anni di storia, la Juventus ha esonerato dieci allenatori: tre negli ultimi diciotto mesi.
Non è più una questione di nomi, ma di struttura. Tudor è stato l'inevitabile capro espiatorio, ma il problema è sistemico: la Juventus non ha più un motore, non ha più idee.

E finché non ritroverà il suo status, prima ancora dei trofei, continuerà a cambiare uomini senza cambiare destino.

Il post di saluto della Juventus ad Igor Tudor su Instagram.
Il post di saluto della Juventus ad Igor Tudor su Instagram.

- Nicolò Mencarini


Ogni domenica la stessa litania: invece di parlare di calcio, bisogna parlare di arbitri. E l'episodio scoppiato in Milan–Lazio è l'ennesima dimostrazione di un sistema che si è infilato da solo in un vicolo cieco, dove la tecnologia — nata per chiarire — finisce per confondere e screditare. Quanto accaduto a San Siro non è un semplice errore:...

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