Con il rilascio degli ostaggi, si può ufficialmente dare per avviata l'esecuzione dell'accordo tra Hamas ed Israele per la conclusione definitiva degli attacchi.
Se sembra, a corrente alternata, affievolirsi la tensione nella striscia di Gaza, a rimanere elevati sono i toni con cui esperti, politici, professori, ma anche e soprattutto l'opinione pubblica, continuano a scontrarsi sul tema.
Il raggiungimento di un'intesa (seppur preliminare e, come detto, contornata di dubbi e perplessità), avrebbe dovuto unire la maggioranza delle parti coinvolte nel dibattito pubblico, sotto la bandiera del cessate il fuoco e delle file di camion presenti al valico di Rafah pronti ad arrivare in Palestina.
La realtà invece ci mostra imperterrita il suo lato peggiore.
Non credo sia un'eresia affermare che alcuni personaggi auto-elevatesi come sostenitori della causa palestinese avrebbero preferito assistere ad una prosecuzione del contenzioso, pur di continuare ad attaccare il governo di Giorgia Meloni. La postura assunta dalla maggioranza può essere criticata, non condivisa; delle scelte sono state discutibili, altre decisamente sbagliate. Bisogna però essere chiari: l'Italia, ma più in generale l'Europa, in queste trattative sono contate "come il due di coppe quando regna bastoni". Per dirla alla Trump, "non hanno mai avuto le carte", o forse hanno deciso di non pescarle, per poter realmente incidere nelle negoziazioni.
La tragedia dei Gazzawi, purtroppo, ha dato a tanti sciacalli la possibilità di farsi spazio, strumentalizzando la causa per attaccare i gruppi politici, o nei peggiori dei casi per spaccare le vetrine della stazione di Milano. Va sottolineato come quest'ultimo gruppo di persone resti, comunque, una minoranza.
Tuttavia esiste, ed è proprio questa porzione di oratori (nel caso delle vetrine di criminali) a degradare il dibattito. Si cerca di polarizzare una questione che, per sua natura, non può far altro che generare solidarietà e vicinanza.
Anche il caso del genocidio palestinese, invece, è caduto nel tifo da stadio camuffato nell'interesse o nel racconto dell'attualità. Il tifo, però, è intrinsecamente fazioso. In alcuni sport divide, nel calcio sfocia addirittura in violenza.
Con Gaza si è dovuta scegliere una fazione, una religione, un Paese, da difendere a prescindere, a spada tratta. Per ottenere la pace, però, servono diplomazia e fermezza.
Donald Trump, con i suoi limiti ed i suoi enormi difetti, ha avvicinato Hamas ed Israele dopo due anni di morte. Resta da osservare con grande attenzione lo sviluppo dell'accordo, della creazione dei due stati, della pace. Si sta assistendo però ad un grande passo in avanti, che andrebbe accolto, legittimato e soprattutto riconosciuto.
Da qualche giorno a Gaza le bombe non cadono più. Sono tornate cinquecento mila persone nelle proprie terre, seppur devastate e trasformatesi in macerie. Dovrebbe essere buonsenso comune sottolineare il miglioramento della situazione.
Eppure ad alcuni questo non basta, non è sufficiente per potersi distaccare un momento da questo grande circo dell'opinionismo.
D'altronde, una loro paladina ha detto al Sindaco di Reggio Emilia che si sarebbe dovuto scusare per aver definito la liberazione degli ostaggi israeliani come parte "fondamentale per il raggiungimento di un accordo".
Si vive in un mondo i cui o si è bianchi o si è neri, dove non esistono equilibrio, spirito critico e onestà intellettuale. Si fa a gara a chi alza di più la voce, senza la volontà di comprendere.
Non c'è poi da stupirsi di chi ci rappresenta. Ogni popolo ha il governo che si merita.