Pace fatta

15.10.2025

Dopo oltre due anni di massacro civile, tensioni internazionali e crisi politica, per la prima volta dal 7 ottobre 2023, sembra definitivamente materializzarsi l'ipotesi di una fine delle ostilità nella striscia di Gaza.

La proposta che i Paesi Arabi, da sempre sostenitori della causa palestinese, hanno deciso di accettare e grazie alla quale abbiamo visto tornare a casa, nelle ore precedenti, i primi ostaggi israeliani da due anni nelle mani di Hamas si deve alla mediazione del presidente americano Donald Trump, leader indiscusso dei tavoli di trattativa.

La soluzione partorita dal Tycoon ha le fattezze di una pace a stelle e strisce, che prevede, di fatto, un'amministrazione nell'area di Gaza a trazione statunitense, almeno nel breve periodo. Condizioni imprescindibili per la fine dei bombardamenti sono, infatti, il rilascio di tutti i prigionieri israeliani, una ventina circa, la demilitarizzazione dell'apparato bellico di Hamas e, per gestire il processo di transizione politica, la cessione, da parte di Hamas, del controllo di Gaza in favore di una governance tecnica internazionale.

Certamente, sentire parlare di accordi, trattative, cessate il fuoco, ricostruzione, è ben più rassicurante rispetto alle parole d'ordine cui ci stavamo tristemente abituando: genocidio, raid, vittime.

Eppure, qualcosa continua a non convincere. C'è dell'altro dietro lo scenario, auspicabilissimo e rasserenante, di una fine del conflitto. La gestione del "dopo", del futuro prossimo, mi appare ancora fumosa, inconsistente, semivuota.

Anzitutto, non è contemplata, nei piani di Trump e dell'Occidente, l'ipotesi di una ricaduta. La totale destrutturazione delle capacità belliche di Hamas sembra obiettivo poco realistico, almeno nel breve raggio. Inoltre, parrebbe fin troppo ottimistica l'accettazione, da parte di alcune frange estreme della politica israeliana, di un ritorno di podestà, più o meno vicino nel tempo, dell'ANP, una volta ricostruita un'impalcatura burocratica e istituzionale nella Striscia.

Chissà se con il passare del tempo gli Stati Uniti si dimostreranno in grado di mantenere salde le redini, bilanciando le forze centrifughe potenzialmente dannose per un equilibrio che, già dalla vigilia, non appare così ovvio e indubitabile.

In ultimo, non si possono trascurare problemi di enforcement e legittimazione: stabilire un meccanismo internazionale credibile per monitorare smilitarizzazione e transizione richiede truppe, forze e meccanismi con mandato chiaro e imperativo: le regole d'ingaggio, le immunità, la limitazione delle facoltà di ciascun attore coinvolto debbono essere precisate senza fraintendimenti, cosa che per il momento sembra essere stata trascurata in luogo di una comprensibile celerità nella chiusura degli accordi dettata dall'urgenza di ottenere la presta liberazione degli ostaggi.

E poi, in tutto questo mastodontico piano di ristrutturazione politica e sociale di Gaza, sembra come se la questione palestinese globalmente intesa sia stata messa da parte. La proposta di Trump è di grande realismo politico: pragmatica, sequenziale, concreta. Ma non risolve le questioni profonde di un conflitto che dura da più di settant'anni: il problema della convivenza dei popoli, dell'autodeterminazione, l'assenza di un'autorità politica affidabile e la sostanziale anarchia che ha dominato il corso degli eventi.

La speranza è che la pace possa essere il più duratura possibile. La convinzione è che sia una pace necessaria per il popolo palestinese, ma non pienamente giusta, ammesso che ne esista una. L'auspicio è di vedere condotte le operazioni seguenti con maturità istituzionale, secondo principi democratici e sotto l'ascendente del buonsenso, piuttosto che dell'interesse.  

- Francesco De Paolis


Con il rilascio degli ostaggi, si può ufficialmente dare per avviata l'esecuzione dell'accordo tra Hamas ed Israele per la conclusione definitiva degli attacchi.

Se sembra, a corrente alternata, affievolirsi la tensione nella striscia di Gaza, a rimanere elevati sono i toni con cui esperti, politici, professori, ma anche e soprattutto l'opinione pubblica, continuano a scontrarsi sul tema.

Il raggiungimento di un'intesa (seppur preliminare e, come detto, contornata di dubbi e perplessità), avrebbe dovuto unire la maggioranza delle parti coinvolte nel dibattito pubblico, sotto la bandiera del cessate il fuoco e delle file di camion presenti al valico di Rafah pronti ad arrivare in Palestina.

La realtà invece ci mostra imperterrita il suo lato peggiore.

Non credo sia un'eresia affermare che alcuni personaggi auto-elevatesi come sostenitori della causa palestinese avrebbero preferito assistere ad una prosecuzione del contenzioso, pur di continuare ad attaccare il governo di Giorgia Meloni. La postura assunta dalla maggioranza può essere criticata, non condivisa; delle scelte sono state discutibili, altre decisamente sbagliate. Bisogna però essere chiari: l'Italia, ma più in generale l'Europa, in queste trattative sono contate "come il due di coppe quando regna bastoni". Per dirla alla Trump, "non hanno mai avuto le carte", o forse hanno deciso di non pescarle, per poter realmente incidere nelle negoziazioni.

La tragedia dei Gazzawi, purtroppo, ha dato a tanti sciacalli la possibilità di farsi spazio, strumentalizzando la causa per attaccare i gruppi politici, o nei peggiori dei casi per spaccare le vetrine della stazione di Milano. Va sottolineato come quest'ultimo gruppo di persone resti, comunque, una minoranza.

Tuttavia esiste, ed è proprio questa porzione di oratori (nel caso delle vetrine di criminali) a degradare il dibattito. Si cerca di polarizzare una questione che, per sua natura, non può far altro che generare solidarietà e vicinanza.

Anche il caso del genocidio palestinese, invece, è caduto nel tifo da stadio camuffato nell'interesse o nel racconto dell'attualità. Il tifo, però, è intrinsecamente fazioso. In alcuni sport divide, nel calcio sfocia addirittura in violenza.

Con Gaza si è dovuta scegliere una fazione, una religione, un Paese, da difendere a prescindere, a spada tratta. Per ottenere la pace, però, servono diplomazia e fermezza.

Donald Trump, con i suoi limiti ed i suoi enormi difetti, ha avvicinato Hamas ed Israele dopo due anni di morte. Resta da osservare con grande attenzione lo sviluppo dell'accordo, della creazione dei due stati, della pace. Si sta assistendo però ad un grande passo in avanti, che andrebbe accolto, legittimato e soprattutto riconosciuto.

Da qualche giorno a Gaza le bombe non cadono più. Sono tornate cinquecento mila persone nelle proprie terre, seppur devastate e trasformatesi in macerie. Dovrebbe essere buonsenso comune sottolineare il miglioramento della situazione.

Eppure ad alcuni questo non basta, non è sufficiente per potersi distaccare un momento da questo grande circo dell'opinionismo.

D'altronde, una loro paladina ha detto al Sindaco di Reggio Emilia che si sarebbe dovuto scusare per aver definito la liberazione degli ostaggi israeliani come parte "fondamentale per il raggiungimento di un accordo".

Si vive in un mondo i cui o si è bianchi o si è neri, dove non esistono equilibrio, spirito critico e onestà intellettuale. Si fa a gara a chi alza di più la voce, senza la volontà di comprendere.

Non c'è poi da stupirsi di chi ci rappresenta. Ogni popolo ha il governo che si merita.

- Matteo Fanelli


Pace fatta

15.10.2025

Dopo oltre due anni di massacro civile, tensioni internazionali e crisi politica, per la prima volta dal 7 ottobre 2023, sembra definitivamente materializzarsi l'ipotesi di una fine delle ostilità nella striscia di Gaza.

Rabbia, Treccani : "Stato fisiologico di intensa attivazione emotiva associata a forte disapprovazione. Presente nell'uomo sin dalla nascita, è una delle otto emozioni fondamentali".

In una fase oscura e contorta della nostra giovane storia repubblicana, l'Italia ha affrontato numerosi momenti di grave instabilità sociale e politica. Era appena iniziata la stagione del terrorismo, apertasi con l'ondata di proteste sessantottine e inauguratasi con i primi omicidi di matrice politica: la strage di Piazza Fontana aveva dato il...