Il ricordo del passato.
Un ineluttabile mastodonte impossibile da ignorare, una ferita difficile da lenire e uno scenario da non ripetere.
E se da un lato risulta evidente come l'esasperata ed esasperante polarizzazione del dibattito abbia come unica e naturale conseguenza l'ulteriore frammentazione di un sistema già in deficit consensuale, come ampiamente dimostrato dai recenti dati sull'affluenza elettorale, d'altro canto è innegabile che le immagini rese note dall'inchiesta condotta da Fanpage sugli ambienti della destra nazionale rappresentino una sconfitta per l'intero paese e per la dignità delle istituzioni.
Quanto mostrato dal lavoro d'indagine dei cronisti della suddetta testata indipendente fornisce un ottimo strumento per analizzare come il processo di istituzionalizzazione di un partito erede della tradizione neofascista debba rapportarsi con code di legittimismo e nostalgia ancora vive e presenti nelle organizzazioni giovanili di riferimento, vivaio della classe dirigente futura.
Saluti gladiatori, canti camerateschi e riferimenti al movimentismo eversivo di matrice nera non possono essere tollerati da un assetto istituzionale costruito sulle macerie della ventennale esperienza dittatoriale e faticosamente concepito dallo sforzo e dal sacrificio di personalità che contro il fascismo hanno lungamente combattuto.
Ma gravità ancora maggiore del mero braccio teso o del "Me ne frego!", esternazioni idonee a rappresentare ben modesto pericolo, assumono il silenzio e l'immobilismo dei vertici partitici, apparentemente non intenzionati a scrollarsi di dosso un alone oscuro venato di anacronismo.
Il conservatorismo ostentato, il patriottismo motivo di vanto, principi su cui orgogliosamente si fonda quella che ad oggi è la prima forza politica italiana, fanno da schermo a quanto si cela nell'imperscrutabilità delle viscere.