Conte batte Spalletti, il vuoto in casa Viola ed il crollo della Roma: la 14ª giornata ribalta tutto

09.12.2025

C'è stato un momento, in questo weekend, in cui la Serie A sembrava prendere forma davanti agli occhi: un'istantanea che racconta chi è pronto a correre, chi è tornato a crederci, chi si sta sgretolando e chi invece resiste a denti stretti. Un turno fatto di prove di forza e di ferite aperte, di conferme e mezze crisi che rischiano di diventare intere. Ma soprattutto un turno che ci racconta, senza troppo tatto, che questo campionato non perdona: né le fragilità tecniche, né le ingenuità tattiche, né la mancanza di identità.

Conte vs Spalletti: vince il Napoli, la Juve si smarrisce 

La vittoria del Napoli sulla Juventus è molto più di un 2-1. È la quinta consecutiva — tre in campionato contro Atalanta, Roma e Juve — arrivata dopo lo schiaffo di Conte a Bologna che sembrava l'inizio di una crisi. E invece no. Non c'è stata nessuna crisi: c'è stata un'accelerazione.

La Juventus arriva al Maradona piena di dubbi e Luciano Spalletti la colpisce proprio dove non è attrezzata per reggere: nel palleggio, nella personalità, nella capacità di stare dentro una partita quando il ritmo sale. La scelta di Yildiz-Conceição-McKennie, pensata per togliere riferimenti ai tre centrali del Napoli, dura dieci minuti: il tempo di vedere Neres devastare Koopmeiners e Hojlund firmare il vantaggio.

La Juve tocca un pallone in area in tutto il primo tempo. Il Napoli, pur contatissimo, pur senza cambi, sembra più squadra: Olivera è rinato, Di Lorenzo è tornato affidabile, Neres è una furia e Hojlund, finalmente "alla Conte", ci mette intensità e cattiveria.

Eppure, la partita torna in equilibrio: Locatelli recupera, conduce, costruisce e Yildiz la pareggia con un diagonale che può diventare la svolta del campionato della Juve. Il problema è che la Juve non ha continuità, e soprattutto non ha lucidità. La scelta di Spalletti di togliere Yildiz — misteriosa almeno quanto intempestiva — coincide con il momento in cui la Juve può pensare anche di andarla a vincere. Ma la Juve quel momento non lo sfrutta. E al primo errore, paga tutto. Cross di Neres, sponda suicida di McKennie, Hojlund che fa doppietta.

La Juve ha avuto l'occasione di vincerla: non l'ha colta. Il Napoli, anche senza aria nei polmoni, . Ed è per questo che oggi è capolista: perché non ha più paura di vincere partite da squadra matura.


Inter-Como: quando la macchina perfetta ritrova il suo habitat

Inter-Como era la partita più intrigante del weekend. È stata, per mezz'ora, la più interessante. Poi la differenza di dimensione ha preso il sopravvento.

Il Como di Fabregas voleva giocare "da Como": aggressivo, ambizioso, verticale. Ma contro l'Inter questa è una condanna più che un'idea romantica. I nerazzurri non vedevano l'ora: pressing alto contro pressing alto, meccanismi oliati da cinque anni contro una squadra che quei meccanismi ancora li sta costruendo.

I primi dieci minuti sono un assedio, abbastanza per riattivare Calhanoglu, Barella, Dimarco, Lautaro, Thuram — gente che contro Juve, Milan e Napoli, negli scontri diretti a blocco basso, aveva passato settimane a sbattere contro muri. Qui invece tornano a respirare.

Poi il Como migliora: da Cunha, Rodriguez, Perrone lavorano bene sulle seconde palle, Douvikas ha l'occasione del pareggio che pesa come un macigno. Ma il gap resta quello lì: di qualità, di malizia, di mestiere. Il 2-0 subito da calcio piazzato è il simbolo delle squadre che alle grandi devono ancora abituarsi: basta una disattenzione, basta un rallentamento mentale e la partita scappa via.

La vittoria dell'Inter è un avviso a chiunque voglia giocare a viso aperto contro la squadra più "meccanica" del Paese. Grande Inter, meno sprecona, più cattiva. E un Como che, paradossalmente, esce con una lezione e non con una bocciatura: coraggioso, ma ancora troppo leggero per sfidare il leone nella sua tana.


Fiorentina: la casa più vuota d'Italia

Nel frattempo, in fondo alla classifica, c'è la Fiorentina. Una casa fredda, spoglia, abbandonata. Non solo ultima. Ultima senza vittorie, ultima senza identità, ultima senza dirigenti, senza guida, senza voci.

La partita col Sassuolo era iniziata nella giusta via: rigore a favore, vantaggio, match incanalato. Poi De Gea sbaglia tutto e la Fiorentina si scioglie, si spaventa, si vergogna quasi di sé stessa. Gudmundsson, che dovrebbe essere il leader tecnico, gioca con la paura e si limita al compitino: appoggi banali, zero rischi, zero leadership. Gli altri — Kean, Dodo, Fagioli — sembrano scollegati dal contesto.

Vanoli non è il problema, e lo spiega bene: se i tuoi "uomini forti" non sono leader, non emergono, non trascinano, una squadra cade a picco. La Fiorentina non ha un problema tattico: ha un problema umano. E a gennaio non basteranno i soldi. Serviranno scelte, dirigenti veri, voci forti. Serve una direzione. Perché oggi la viola non ce l'ha.


Cagliari-Roma: quando finisce la lucidità, finisce tutto

La Roma vive l'opposto: non una crisi tecnica, ma una crisi di lucidità. Gasperini lo dice bene: queste sono "partite frammentate", sporche, da vincere con la testa prima che coi piedi. E la Roma, oggi, non ha la testa.

L'inizio di stagione era stato strabiliante, forse anche oltre le possibilità reali. Ora è arrivato il conto: calo fisico, nervosismo, cartellini rossi, brillantezza crollata. Baldanzi riferimento avanzato, attacco di piccoli senza sincronia, Dybala giù di tono, Soulé in flessione, Ferguson opaco: la Roma oggi produce poco e concretizza ancora meno.

E allora servirebbe Dovbyk, che piace poco ma oggi è indispensabile: nel gioco di Gasperini, senza un riferimento vero, tutto si inceppa. A Cagliari la Roma rischia di salvarsi solo grazie a Svilar, ma il Cagliari questa volta resta attaccato al proprio destino fino alla fine, e Gaetano firma un gol che vale un'enorme vittoria.


Italiano ringrazia Ravaglia, la Lazio ora è una squadra seria

La Lazio avrebbe potuto vincerla: Ravaglia salva tutto, soprattutto nella ripresa, ma i biancocelesti stanno tornando a essere la squadra compatta, tecnica e riconoscibile che Sarri aveva perso per strada tra mercato bloccato e infortuni. Recuperare Castellanos e Cancellieri gli apre linee nuove: non sarà la Lazio più brillante della sua era, ma è una delle più resilienti.

Il Bologna invece è in apnea. Italiano lo dice chiaramente: queste sono settimane in cui devi ricaricare quando non puoi ricaricare. C'è la necessità di recuperare la forma di giocatori che hanno spinto il Bologna nella grande cavalcata dopo le primissime giornate.

Quando la condizione precipita, rischi di perdere identità, mail pari dell'Olimpico, unito al passaggio in Coppa Italia, mostrano la grande dimensione di questa squadra.

Il saluto di Ciro Immobile alla "sua" Curva Nord
Il saluto di Ciro Immobile alla "sua" Curva Nord

- Nicolò Mencarini


Ogni domenica la stessa litania: invece di parlare di calcio, bisogna parlare di arbitri. E l'episodio scoppiato in Milan–Lazio è l'ennesima dimostrazione di un sistema che si è infilato da solo in un vicolo cieco, dove la tecnologia — nata per chiarire — finisce per confondere e screditare. Quanto accaduto a San Siro non è un semplice errore:...

È stato un turno che non ha solo mosso la classifica: l'ha scossa. L'ha interpretata. L'ha riscritta secondo logiche nuove, figlie dell'identità, ritrovata o smarrita, delle grandi. Un turno in cui è emerso con forza un principio: le squadre che hanno scelto una strada precisa stanno crescendo. Quelle che ancora non sanno chi sono, invece, restano...