Ogni domenica la stessa litania: invece di parlare di calcio, bisogna parlare di arbitri. E l'episodio scoppiato in Milan–Lazio è l'ennesima dimostrazione di un sistema che si è infilato da solo in un vicolo cieco, dove la tecnologia — nata per chiarire — finisce per confondere e screditare. Quanto accaduto a San Siro non è un semplice errore:...
Canelo, la fine del Re?
Sul fatto che Saúl "Canelo" Alvarez, tra le stelle più luminose del panorama pugilistico globale, abbia sempre avuto il coraggio di affrontare anche le sfide più scomode c'è ben poco da dubitare. Eppure, tra gli addetti ai lavori c'è chi ha cominciato a notare un calo di rendimento tutt'altro che ignorabile.
E credo che, agli occhi dei più scettici, la sconfitta contro Terence Crawford rappresenti solo l'ultima avvisaglia di un declino destinato a maturare con inesorabile rapidità.

L'AUDACIA DEL CAMPIONE
L'icona messicana aveva già provato a far saltare il banco qualche anno fa: nel maggio 2022 aveva accettato l'incontro con il russo Dmitry Bivol, detentore del titolo mondiale WBA della categoria mediomassimi. Canelo, che si era sino a quel momento distinto nei pesi superwelter e medi, e all'epoca campione indiscusso dei supermedi, mise su quasi dieci chilogrammi, per poter condividere il ring con un avversario strutturalmente più pesante e dal record immacolato. In quel caso il divario fisico fu sicuramente determinante nell'esito del match, dominato da Bivol, che si aggiudicò la vittoria per decisione unanime dei giudici, conservando la propria cintura.
Ma a stupire, in quel caso, fu l'atteggiamento di critica e stampa. Nonostante la sostanziale inesperienza del messicano nei mediomassimi, alla vigilia dell'incontro era dato dai media per mattatore certo della sfida. Media poi rifugiartisi nel postumo elogio del russo, che davvero, in quella notte di Las Vegas, dimostrò di avere fattezze e connotati del campionissimo.
All'abbaglio preso da esperti e allibratori fece seguito uno strano sentore di dubbio: Canelo aveva perso, tutt'un tratto, parte della straordinaria considerazione di cui godeva nel circuito. Qualcuno prese a mormorare sommessamente, cominciando a credere che il dato anagrafico stesse man mano logorando lo splendore della leggenda di Guadalajara.
Il match con Bivol fu uno spartiacque: certamente non un crollo irreparabile, ma un evidente azzardo sportivo.

TROPPO DA PERDERE
Quanto accaduto di recente, invece, ha davvero dell'incredibile. Canelo ha nuovamente stupito tutti: accettando l'incontro contro il più anziano pugile statunitense Terence Crawford, ex campione di superleggeri e welter, ha messo in palio le sue cinque cinture di categoria supermedi, tra cui la prestigiosissima "The Ring". Questa volta, però, consapevole del vantaggio in termini di stazza fisica e cosciente di possedere favore del pronostico. Avrebbe fronteggiato, il 13 settembre, un atleta meno pesante, meno abituato alla categoria e certamente meno quotato.
Eppure, partendo da strafavorito, c'è sempre troppo da perdere e troppo poco da guadagnare
(fatta salva una borsa a otto zeri).
LA FINE DEL DOMINIO
Il match ha sconvolto il mondo intero: dinnanzi a un'audience globale di oltre 41 milioni di telespettatori simultaneamente collegati alla diretta Netflix, Canelo ha subito, quasi ininterrottamente, il ritmo imposto dallo sfidante. Crawford è riuscito, nel corso delle dodici riprese, ad annullare praticamente ogni azione del campione, imponendo la propria strategia con colpi dritti e grande intensità nel gioco di gambe. E nelle occasioni in cui i due pugili si sono trovati a scambiare sulla corta e cortissima distanza, la letalità del messicano non è riuscita a emergere con la consueta efficacia, grazie anche al cuore e alla preparazione dell'americano, che non ha perso il controllo neanche nelle fasi più concitate.
Il verdetto non ha lasciato margine di interpretazione: decisione unanime e vittoria per Crawford, premiato dai giudici con un netto 115-113, 116-112, 115-113, accolta con lacrime intense e genuflessione sul ring.

Che sia il termine dell'era Alvarez? Onestamente non credo. Tantomeno reputo iniziata una "fase-Crawford": l'ormai trentasettenne indiscusso campione dei supermedi ha già superato la propria primavera agonistica, e anche una prima difesa del titolo rappresenta uno scenario tutto sommato poco probabile, sebbene la classifica Pound for Pound lo abbia incoronato miglior pugile al mondo.
Ad ogni modo, Canelo ha oggi più che mai bisogno di ritrovare se stesso, risvegliando lo spirito vincente che lo ha accompagnato durante lunghi anni di successi e imprese.
Ora si, che deve sapersi rialzare: se dal 2013 nessuno è riuscito a mandarlo al tappeto, adesso è il momento di trovare le forze per aggrapparsi alle corde e tirare su le braccia. Oggi, come mai accaduto prima, la sua grandezza è appesa a un filo.
-Francesco De Paolis
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