L'ATTIVISMO E LA MORTE
Durante la seconda metà degli anni '60, le Black Panthers si resero protagoniste di proteste pacifiche, come quella contro il divieto di trasporto delle armi da fuoco nei luoghi pubblici, il 2 maggio 1967, ma anche di azioni paramilitari, sparatorie e scontri con le forze dell'ordine che, sino a quel momento, non avevano avuto nessuna premura o riguardo nei confronti dei detenuti afroamericani, e si erano anzi macchiate, più o meno direttamente, di vere e proprie congiure verso la comunità nera. Emblematici furono l'arresto di Rubin Hurricane Carter, pugile nero aspirante al titolo mondiale dei pesi mediomassimi, ingiustamente accusato di omicidio e condannato a ben 22 anni di reclusione, e l'uccisione da parte di due suprematisti del giovane Emmett Till, "reo" di aver parlato con una ragazza bianca (entrambe le storie vennero poi narrate da Bob Dylan in due sue celebri ballate).
Il 6 aprile 1968, dopo soli due giorni dall'uccisione di Martin Luther King, Bobby Hutton rimase coinvolto, assieme ad altre tre Pantere Nere, in uno scontro a fuoco con la polizia. Sopravvissuto alla raffica iniziale, Bobby decise di arrendersi e consegnarsi al braccio armato della giustizia, essendo l'unico ancora in vita. Uscito disarmato allo scoperto, fu freddato con dodici colpi su tutto il corpo.